sabato 29 maggio 2010

Il vecchio modo di lavorare non funziona più.

L'errore è stato credere che gli uomini operassero come computer. Nel libro "The way we are working isn't working", Tony Schwartz definisce un nuovo paradigma: per organizzare diversamente aziende, ospedali e commissariati


ANCHE voi vi sentite sfiniti, oppressi da una montagna d'incombenze. In ufficio non rendete mai abbastanza. Le email, gli sms e le telefonate di lavoro v'inseguono la sera a casa, nel weekend, in vacanza. In deficit di sonno, gli errori sono sempre in agguato. Consolatevi: non siete soli. Anche i leader, capi di Stato o d'azienda, sono prigionieri della stessa logica. Vittime di un'alienazione simile. Costretti a rendere sempre di più, accumulano le sviste, girano a vuoto, senza uno scopo. Crisi dei mutui subprime, Eurozona sull'orlo della bancarotta, o disastro petrolifero della Louisiana, le catastrofi del nostro tempo hanno un elemento in comune: tante istituzioni sofisticate e organizzazioni complesse si avvitano in una spirale di errori. È tutta colpa di un'ossessione produttivista scolpita in tre parole, More, Bigger, Faster. Cioè "sempre di più, sempre più in grande, più velocemente". Ma è un modello che ha le ore contate.
Con l'ultima crisi economica è svanita la fiducia in quel sistema. Un nuovo paradigma s'impone. E parte proprio dagli Stati Uniti, la patria dei workaholic, i drogati del lavoro. Qui esplode il successo di un bestseller che rovescia il modello americano. S'intitola The Way We Are Working Isn't Working. La traduzione letterale è: il modo in cui lavoriamo non funziona. Ma un'altra traduzione forse è ancora più fedele al gioco di parole in inglese: il modo in cui "funzioniamo" non rende più. Chi lo scrive non è un guru qualsiasi. Tony Schwartz, con i suoi collaboratori Jean Gomes e Catherine McCarthy, è il fondatore della società di consulenza The Energy Project. Si rivolgono a lui per ripensare la propria organizzazione dei colossi come Google, Ford, Sony, l'ospedale universitario di Cleveland e perfino il dipartimento di polizia di Los Angeles. Il suo saggio riceve la benedizione entusiasta della sacerdotessa del pensiero di sinistra sulla West Coast: Arianna Huffington, creatrice del blog Huffington Post, lo seleziona come il libro dell'anno e lo definisce "il manuale di sopravvivenza per la nuova era".
Schwartz parte dalla diagnosi impietosa di un disastro. All'uscita dalla recessione, osserva, l'America nel suo insieme ha ridotto del 10% le ore lavorate perché hanno perso il posto 8 milioni di persone. Eppure oggi si producono la stessa quantità di beni e servizi che nel 2007, l'ultimo anno prima della crisi. "Il banchiere centrale Ben Bernanke si esalta per questo che definisce un miracoloso aumento della produttività - scrive Schwartz - ma la verità è molto più dura. C'è una semplice, viscerale spiegazione per questo guadagno di produttività: si chiama paura. Se i colleghi attorno a noi vengono licenziati o prepensionati, l'istinto di sopravvivenza ci spinge a spremerci ancora di più, sperando di non essere il prossimo sulla lista. Ma così come una famiglia indebitata coi mutui finisce per andare in bancarotta seguitando a indebitarsi, allo stesso modo gli esseri umani vanno verso la bancarotta delle loro risorse, se le spendono senza rinnovarle".
I segnali di uno stress patologico abbondano. Il deficit di sonno (meno di 6 ore e mezza per notte, in media) affligge la popolazione americana. Oltre la metà dei dipendenti non usa le ferie a cui avrebbe diritto, eppure uno studio di Ernst & Young dimostra che "più sono lunghe le vacanze, più si misurano miglioramenti nella performance sul lavoro". Dilaga il multi-tasking, l'abitudine di effettuare due o tre operazioni contemporaneamente: partecipare a una riunione e al tempo stesso consultare le email sul Blackberry o sull'iPhone; telefonare e navigare su Internet davanti allo schermo del computer. A danno della concentrazione, del saper fare.
"Quella che tecnicamente si definisce una crescita della produttività - osserva Schwartz - non è creazione di vero valore". Un esempio lo offre la cronaca recente. La corsa sfrenata della Toyota per accelerare la produzione e aumentare il volume delle vendite negli ultimi anni è andata a scapito della qualità e affidabilità delle sue auto. Il bilancio finale: una débacle, incidenti mortali, processi, milioni di vetture richiamate per controlli sui difetti di fabbricazione. "Una reputazione che era stata costruita in tanti anni di lavoro è stata distrutta in pochi mesi". Lo stesso vale per le banche di Wall Street: la cultura della competizione aggressiva e arrogante è sfociata in un'immensa distruzione di ricchezza. Spremere l'essere umano fino ai suoi limiti estremi, ha delle conseguenze micidiali. Lo dimostra lo studio delle più grandi catastrofi industriali.
Una costante unisce la marea nera della super petroliera Exxon Valdez, l'esplosione in volo della navetta spaziale Challenger, l'incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island. In ognuno di questi casi furono coinvolti manager e tecnici che soffrivano di deprivazione di sonno, colpiti da improvvisi cali di attenzione e concentrazione. "Quando operate ad alta intensità - spiega Schwartz - quando siete sotto pressione per lunghe ore consecutive, inesorabilmente bruciate le vostre risorse migliori, esaurite il vostro serbatoio di energia. Dovete raschiare il fondo attingendo all'adrenalina e al cortisol, ma la vostra prospettiva si restringe, diventate prigionieri di istinti primitivi".
C'è una nuova crisi energetica nel mondo: è quella che colpisce noi stessi. "La velocità di ogni transazione aumenta in modo esponenziale, viviamo in un senso di permanente urgenza. Sregolate, le tecnologie prendono il sopravvento su di noi".
Proseguendo nella stessa direzione ci condanneremo ad essere "i dinosauri del futuro", una specie avviata all'estinzione per collasso. Ma dalla sua attività nel mondo delle imprese Schwartz raccoglie dei segnali positivi, gli indizi di una presa di coscienza, l'inizio di una svolta. "In un ampio arco di civiltà e di culture diverse - scrive - si fa strada la scoperta che il vecchio modo di lavorare non funziona più. Si diffonde l'intenso desiderio di uno stile di lavoro e di vita più appagante e sostenibile. Le stesse aziende devono ammettere che la vecchia cultura manageriale ha sacrificato la creatività, l'impegno, la riflessione, e in ultima istanza hanno perso efficienza".
L'errore di un'intera epoca è stato quello di credere che possiamo operare come i computer: ad alta velocità, per periodi di tempo prolungati, eseguendo simultaneamente programmi molteplici. Schwartz ci ricorda che invece la fisiologia umana procede "a corrente alternata" come il battito cardiaco. Nel rivedere l'organizzazione di grandi imprese innovative come Google suggerisce di prendere esempio dai musicisti e dai campioni di atletica leggera: le regole dell'esercizio e dell'allenamento impongono degli sforzi limitati a 60/90 minuti al massimo, seguiti da intervalli di riposo, distensione, riflessione. Nel mondo del lavoro così come nella vita personale, Schwartz ci esorta a tenere presente che ci sono quattro forme di energia essenziale per l'equilibrio umano: l'energia fisica (il principio di sostenibilità), quella emotiva (sicurezza), quella psicologica (espressione di sé) e quella spirituale (ricerca di significato). Sono i "serbatoi" che vanno controllati, e riforniti sistematicamente, per non arrivare al punto di rottura.
"Un vero leader - insegna Schwartz ai top manager che cercano la sua consulenza - smette di misurare la qualità degli esseri umani dal numero di ore lavorate, e sposta l'attenzione sulla qualità dei risultati. Incoraggiate i vostri collaboratori a prendere delle pause, così che quando lavorano, stiano lavorando al meglio". Le vacanze perdute, come il sonno sacrificato, non si rinnovano più, ci impoveriscono e ci rendono meno lucidi nelle decisioni.
Schwartz non si rivolge solo alla classe dirigente. Ai singoli individui propone di "inserire dei nuovi riti specifici all'interno dei nostri programmi quotidiani, per bilanciare i momenti di sforzo intenso con le fasi in cui ci rinnoviamo e ci rigeneriamo". Qualche consiglio dettagliato: "Alternate le esperienze emotivamente più stressanti con delle pratiche abitudinarie che vi danno conforto; alternate la risposta ai bisogni urgenti con la riflessione più strategica e creativa; bilanciate il dovere di breve termine con un impegno umanitario per il bene comune".
È infatti una specie di nuovo umanesimo che si affaccia nelle pieghe di una teoria rivoluzionaria dell'organizzazione del lavoro. Per una coincidenza che non è casuale, anche Barack Obama dopo un anno e mezzo di stress acuto alla guida degli Stati Uniti sembra giunto alla conclusione che il vecchio modo di lavorare non funziona più. Il presidente noto per la frequenza ossessiva con cui consulta il suo Blackberry per controllare i messaggi urgenti, nel discorso ai neolaureati dello Hampton College in Virginia ha detto: "Voi diventate adulti in un'epoca in cui siete bombardati 24 ore su 24 e sette giorni su sette dagli impulsi elettronici di ogni genere, siete sommersi dalla quantità di informazioni, rischiate di smarrirvi. È urgente imparare a discernere, a selezionare, per emanciparsi. È in gioco il vostro potere, e la qualità della nostra democrazia".
Fonte la Repubblica.it




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